mercoledì 14 gennaio 2015

L'EGITTO

'L'Egitto è un dono del Nilo'. Con questa frase lapidaria e famosa, Eròdoto (c. 480-c. 425 a.C.), lo storico greco che, verso la metà del V secolo a.C., visitò la regione restandone profondamente impressionato, definiva una realtà ancora oggi attuale. Il Nilo, infatti, il grande fiume africano che, per circa 6500 chilometri si snoda dai grandi laghi del Mediterraneo, e che, nel suo ultimo tratto, percorre il territorio egiziano, lo ha, da sempre, fecondato con le sue piene estive e con il limo depositato nelle terre inondate. È una sottile striscia verde, fertile, lunga, dal confine nubiano al mare, circa 1500 chilometri, larga appena 10 o 15. Ai suoi lati, con una cesura improvvisa, è il deserto color ocra: a sud, il Sahara; a nord di Assuàn i deserti sassosi, rocciosi e rossastri, orientale o Arabico alla destra del fiume, occidentale o Lìbico alla sua sinistra. 'Salve o Nilo, limpido fiume che dài la vita a tutto l'Egitto', così, quasi anticipando le parole di Eròdoto, è scritto nell'Inno del Nilo, riportato in un antico testo della XIX dinastia (1307-1196 a.C.).
Queste condizioni climatiche, favorevoli, pur con alcune conseguenze negative causate dalle periodiche inondazioni, hanno indotto, fin dai tempi più antichi, le popolazioni a insediarsi lungo il corso del Nilo. La civiltà nilòica ha pertanto una durata che va, per quanto consta alle nostre conoscenze, dal 4500 a.C. in poi.
Il periodo storico, ossia il periodo che può essere oggetto di studio sistematico, ha inizio con l'unificazione, sotto un solo re, delle due zone fondamentali della regione, quella settentrionale intorno al delta del Nilo, detta Basso Egitto, e quella meridionale lungo le sponde del fiume, detta Alto Egitto. Da questo momento, seguendo la partizione data nel III secolo a.C. dal sacerdote e storico egizio Manetone, si usa dividere la storia dell'Egitto in alcuni grandi periodi (Antico Regno, Medio Regno, Nuovo Regno, Età Tarda), all'interno dei quali si collocano le trenta dinastie sovrane che, con alterne vicende, hanno segnato l'intera regione. Mentre il primo periodo è preceduto da un momento detto predinastico, il passaggio fra l'uno e l'altro dei Regni è contraddistinto da fasi intermedie e l'ultimo è seguito dall'età greca della XXXI dinastia (la tolemaica) e da quella romana (successiva alla vittoria di Ottaviano ad Azio contro Marco Antonio e Cleopatra, nel 31 a.C., e alla definitiva annessione all'impero romano). Si tratta di un arco di tempo lunghissimo (30 o 40 secoli di storia), quale nessun'altra civiltà finora ha raggiunto. In questo ampio periodo, accanto alle normali forme di vita e di organizzazione religiosa, civile e bellica, accanto agli studi di astronomia, di matematica, di scienza in generale, fioriscono le arti visive. Di seguito l'elenco delle dinastie sovrane dell'antico Egitto, a scopo puramente illustrativo.

Mentre nell'arte occidentale, e anche nelle sue radici greche, assistiamo a notevoli mutamenti stilistici che ci permettono di datare i vari manufatti con relativa facilità, l'arte egiziana appare immobile, fondata su alcuni cànoni immutabili e perciò sempre simile a sé stessa. Lo avevano notato già Eròdoto e Platone, ossia due grandi esponenti della cultura greca: lo ripetono, non a caso in età neoclassica, quando si propugna il ritorno all'arte greca, i teorici Johann Winckelmann e Francesco Milizia (secolo XVIII). Il primo afferma che l'arte egizia è come 'una grande pianura deserta, che si può dominare dell'alto di una o due alte torri'; il secondo sostiene che 'agli Egizi era vietato mutare lo stile dei propri antenati'. Questa constatazione può generare il dubbio se esista una storia dell'arte o addirittura un'arte egizia o se non si tratti piuttosto di una stereotipa ripetizione di formule preordinate.
Per capire le ragioni che hanno determinato un simile fenomeno, è necessario impostare il problema storicamente. I mutamenti dell'arte occidentale sono la conseguenza di situazioni storiche, filosofiche, ideologiche che si sono succedute rapidamente, mentre l'immutabilità dell'arte egizia è causata dalla continuità del potere politico, accentrato nel re, e dall'identificazione di questi con la divinità. Ciò che discende dalla divinità è eterno e quindi immutabile; l'arte, che è il simbolo della divinità, dovrà esprimere la coninuità al di là delle contingenze terrene, la grandezza, l'eterno. Va anche tenuto presente che noi conosciamo solo l'arte congiunta ai grandi templi e alle costruzioni tombali dei sovrani o degli alti funzionari dello Stato. Gli uni e le altre tendono necessariamente a quell'eterno cui facevamo cenno. Bisogna aggiungere tuttavia che, pur nella sostanziale fissità storica, estistono alcuni fenomeni evolutivi e che, nelle tombe stesse, all'assoluto idealismo e simbolismo di quelle regali si contrappone un maggior realismo (o forse è meglio dire una maggior vivezza) in quelle dei funzionari.
Certo l'arte dell'antico Egitto ha scopi ben diversi da quella occidentale. Questa è fatta dall'uomo per l'uomo. Comunica le idee con il linguaggio visivo, più facile a essere assimilato. Può illustrare fatti storici, può insegnare verità morali o religiose, può farsi propagatrice di idee politiche. In ogni caso ha bisogno di altri uomini, cui deve trasmettere un messaggio. L'arte egizia ri rivolge soltanto al dio. Nel tempio non entra il popolo; entrano i sacerdoti; nel Sancta Sanctorum, la cella più interna del tempio, dove è esposto il simulacro della divinità, accedono unicamente il re e il gran sacerdote. Neppure nelle tombe, una volta deposta la mummia e sigillata la porta, si può più penetrare.
Tutto ciò rende particolarmente difficile comprendere l'arte dell'antico Egitto, malgrado la spettacolarità di essa e la sua conseguente popolarità a livello turistico. Occorre studiarla nel contesto storico, politico e religioso (o magico-religioso) che l'ha prodotta. Il problema religioso è apparentemente molto complesso. Gli dèi sono numerosi e variano da zona a zona, anche in relazione alle diverse epoche. Tuttavia, forse, essi non sono altro chei differenti aspetti della stessa divinità. Non potendo comunque in questa sede addentrarci nell'esame delle loro caratteristiche, ne parleremo via via che se ne presenterà l'occasione in relazione alle opere visive. Tanto più che - una volta stabilita la costanza della tematica religiosa e politico-religiosa - ciò che interessa principalmente, nel nostro campo, è vedere se, e fino a che punto, al di là dei significati simbolici e propiziatori, i contenuti, determinati dal particolare momento culturale, divengono arte attraverso l'adeguatezza ad essi del linguaggio.

II. L'antico Egitto.

Nessun commento:

Posta un commento